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UNA CHIESA A ROMA
Parrocchia San Giovanni Nepomuceno Neumann
Roma
2012
2012
Concorso ad inviti
Primo Premio
Progetto: Pino Pasquali
Gruppo di lavoro: Claudio Campolo, Anna Lucia Di Dio, Milly Millesimi, Flavio Cirinesi
Collaboratori in fase definitiva-esecutiva: Emiliano Manara, Valeria Penna
Progetto delle strutture: Massimo Cantagallo
Progetto: Pino Pasquali
Gruppo di lavoro: Claudio Campolo, Anna Lucia Di Dio, Milly Millesimi, Flavio Cirinesi
Collaboratori in fase definitiva-esecutiva: Emiliano Manara, Valeria Penna
Progetto delle strutture: Massimo Cantagallo
Committente: Vicariato di Roma - Pontificia Opera per la preservazione della Fede e la provvista di nuove chiese a Roma
In alcuni casi l’idea
di un progetto è quella (velleitaria?) di dare identità alle persone attraverso
i luoghi. Così, di una chiesa ci piace pensare che essa possa caratterizzare
attraverso la sua sacralità un intero nucleo residenziale, un’intera borgata. Uno
spazio più ampio di quello concernente la sola aula liturgica, un’architettura
che inglobi tutte le funzioni necessarie allo svolgimento della parrocchia in
un unico corpo. Questo approccio ha
determinato un grande apparato, tutto compreso in se stesso, dalla forte
riconoscibilità di segno, e aperto ai fedeli in un abbraccio, cristallizzato
nella forma di un colonnato asciutto. Nel contesto sociale e urbano in cui
viviamo, dove gli unici luoghi d’aggregazione sono pensati come casi isolati,
che non dialogano col contesto né tantomeno parlano alle persone, diviene
ancora più importante progettare un complesso religioso che sia in grado di
dare fiducia agli individui e alla loro possibilità di dialogo, che non aumenti
il loro stato di smarrimento, se vogliamo anche di natura formale e simbolica.
Per questo abbiamo
progettato, non solo una chiesa in senso stretto, ma un intero complesso
parrocchiale, dalle linee familiari, laddove “complesso parrocchiale” significa
un progetto culturale che si realizza attraverso un grande Sagrato, momento di
confronto fra persone diverse e occasione locale per incontrarsi come su una
nostalgica piazza. Un luogo, peraltro, dove è possibile officiare funzioni
religiose, feste del patrono, ecc… una piazza vera, che si può rendere
accessibile anche alle auto, per i matrimoni o per i funerali; un pezzo di città che si ricostruisce, un segnale in un posto poco identitario, ricordo di
una concezione tipicamente italiana. Sulla piazza come un tempo, torna a svolgersi la vita, ed
esistono immacolati due simboli, il campanile e la croce, bussole che faranno
vibrare la luce sulla finitura del pavimento oltre ad orientare i fedeli, e gli
abitanti del quartiere tutto. Da qui, in un mondo di candore che si astrae
dalla borgata, così caotica e così anonima, si accede ad un portico
caratterizzato dalla verticalità, e poi, tramite una grande porta in legno alta
sette metri incastonata in una vetrata color dell’ambra, all’aula liturgica.
Essa si presenta nuda, non nel senso di scarna, ma costruita dall’onestà dei
materiali naturali, perché niente, a parte i punti focali, distolga i fedeli.